Arte e Cultura
Unione Regionale della Calabria
Centro studi e Ricerche
Preistoria - Ellenismo - Dominazione Romana
- Alto Medioevo e dominazione bizantina -
Dominazione normanna - Dominazione sveva
- Dominazione aragonese - Il Cinquecento -
Il Seicento - L'Illuminismo - L'Ottocento
- Il Novecento
Preistoria
In tutte le epoche successive alla
preistoria, gli abitanti della Calabria espressero in mille modi il loro
amore per l'arte. Manifestazioni artistiche, debbono considerarsi:
l'incisione rupestre di un toro nella Grotta del Romito presso Papasidero,
i reperti litici scoperti nella caverna di Talao presso Scalea e nella
Grotta della Madonna presso Praia a Mare dell'età paleolitica. Sono dell'età
del bronzo i reperti rinvenuti presso Gerace, Pietramale di Cortale,
Belvedere Marittimo; all'età del ferro appartiene invece il vasto
repertorio archeologico di Torre Mordillo (pianura Sibarita), di Torre
Gallo (presso Tropea), di Francavilla Marittima, di Palmi e Cirò. Molte
altre opere d'arte sono state ritrovate un pò ovunque, tanto da poter
dire che senza soluzione di continuità in tutti i periodi preistorici
fino all'età del ferro, l'<<homo indigenus>> della Calabria ha lasciato
tracce tangibili della sua esistenza.
Ellenismo
La Calabria, per la sua posizione
nel Mediterraneo, é stata sempre terra di vaste e importanti immigrazioni
da parte di vari popoli nelle diverse epoche storiche. All'elemento
indigeno italico si sovrappone per primo e più a lungo quello greco,
tanto da divenire la matrice più importante delle genti calabresi. Con i
coloni greci arriva anche la loro meravigliosa civiltà e la regione
diventa attivissimo focolaio d'arte e centro massimo di idee e di
pensiero. La Calabria raggiunge, in tutta la durata della loro
colonizzazione, uno splendore mai conosciuto, e giustamente fu chiamata
Magna Grecia quasi a significare il maggior livello di civiltà raggiunto
rispetto alla madre patria, nel campo dell'arte e del sapere.
Il più antico poeta delle colonie greche é Stesicoro. Sull'esempio della
madrepatria vengono fondate numerose scuole. Famose quelle di Reggio i cui
rappresentanti più degni sono Teagene, Glauco e Ibico; quella di Locri
resa grande da Nosside da Teano e da Senocrito il quale fonda il primo
centro aedico in Italia; infine quella pitagorica di Crotone che si
differenzia dalle altre due per il carattere filosofico scientifico, il
cui rappresentante più degno é Filolao, primo divulgatore delle teorie
pitagoriche in Calabria.
Anche nel campo giuridico emergono due importanti legislatori: Caronda di
Reggio e il famoso Zaleuco di Locri che é il primo a dare alla sua città
leggi scritte.
In architettura testimoniano gli antichi splendori i resti degli imponenti
e maestosi templi di Hera Lacinia a Crotone, di Persefone a Locri e a
Hipponion, e di Reggio; dei teatri di Locri e di Reggio.
In scultura le bellissime statue di Klearchos e Phytagoras di Reggio e
quelle di Pasiteles di Locri, come i gruppi equestri dei <<Dioscuri>>,
<<l'Efebo cavalcante>>, la statua di <<Apollo Aleo,> del Museo di Reggio;
infine la famosa raccolta di tavolette di terracotta dette <<pinakes>>
rinvenute a Locri.
Dominazione romana
La magnifica fioritura artistica
si affievolisce notevolmente sotto la dominazione romana (tra il III sec.
a.C. e il V d.C.).
Sotto i Romani probabilmente s'inizia una spoliazione sistematica a
vantaggio di Roma di tutte le cose belle della Regione.
Si riscontrano solo opere di pubblica utilità rispondenti allo spirito
pratico del popolo romano, sia per facilitare il collegamento con la
Sicilia, sia soprattutto per favorire il traffico e il commercio. A tal
proposito sono da ricordare la via Popilia e la Traianea Appia. Mirabili
opere tecniche e d'ingegneria sono i ponti sul Savuto e del Ghetterello;
gli acquedotti; le torri come quella di Belvedere Marittimo, fatta
costruire da Paolo Emilio; le thermae e i balnea, come quelli di Reggio e
Gioiosa Jonica; infine portici, teatri e <<villae rusticae>> delle quali
alcuni resti possono essere ammirati presso Castrovillari.
Alto medioevo e dominazione
bizantina
In questo periodo, nel firmamento
spirituale calabrese brilla il fulgido astro di Marco Aurelio Cassiodoro (Squillace
490-573). Egli dopo una lunga esperienza acquisita al servizio del barbaro
Teodorico, si ritira a Squillace e vi fonda il <<Monasterium vivariense>>
o <<Vivarium>>, dove raccoglie intorno a sé monaci e giovani che allo
studio alternavano la trascrizione degli antichi manoscritti sia latini
che greci, salvando cosi un cospicuo retaggio culturale dell'antichità
che poté conservarsi ed essere tramandato al mondo intellettuale del
medio-evo.
Sotto la dominazione bizantina (dal VI sec. al 1060), l'elemento greco che
era stato soppiantato da quello latino, riacquista nuovamente importanza
tanto che si arriva alla <<neo ellenizzazione>> della Regione.
Questo si
deve soprattutto a popolazioni greche, e principalmente a monaci di S.
Basilio, che per sfuggire alla persecuzione araba, dalla Siria e
dall'Egitto nel VI secolo e dalla Sicilia nel IX, si rifugiano in
Calabria.
Dopo una breve esperienza in eremi, grotte, caverne naturali che numerosi
abbondano sulle pendici e nelle vicinanze dell'Aspromonte, i monaci si
organizzano in comunità conventuali tra le quali resta famosa il
Mercurion - complesso di modestissime chiese tra Orsomarso, Aieta e il
fiume Lao, a cui é legato il nome del santo basiliano Nilo da Rossano.
Lo stesso santo più tardi fonda il Monastero di S. Adriano che segna
l'inizio dell'organizzazione cenobitica del monachesimo basiliano.
Nei
conventi, nei cenobi, nei monasteri, i monaci, precorrendo l'Umanesimo,
curavano studi di ricerca, la trascrizione degli antichi codici,
conservando e tramandando la civiltà greca, arricchendo e influenzando
nello stesso tempo con elementi greci, bizantini e basiliani la cultura
regionale.
Secoli dopo, purtroppo, le preziose raccolte di manoscritti vennero in
parte trafugate ed in parte distrutte dall'incuria e alla Calabria restò
ben poco o quasi nulla. C'é rimasto però il manoscritto più prezioso, il "Codex purpureus rossanensis", di provenienza siriana e custodito a
Rossano. Scritto su pergamena colorata di porpora in caratteri di oro e
argento, é un capolavoro della cultura bizantina in Calabria.
Sul piano artistico, se é vero che le prime costruzioni basiliane dalle
linee semplici ed essenziali, molto simili ai sacrari dell'Armenia e
dell'Anatolia, non hanno nulla di eccezionale, indubbi e unici gioielli
architettonici debbono però considerarsi il Battistero di S. Severina, la
Cattolica a Stilo e il S. Marco a Rossano; ben diverse furono quelle
costruite dopo l'avvento dei Normanni. Questi, infatti, favorevoli alla
Chiesa Romana, avevano promosso la costruzione di chiese e monasteri
imponenti e maestosi per cui i basiliani si sentirono costretti a
costruzioni tali da poter gareggiare con le latine. Diedero dimensioni
più ampie alle loro chiese, cercando di accostare al modello orientale
qualche elemento di arte occidentale, come il coro, tipico delle chiese
benedettine. Ne risultarono delle costruzioni ibride perché non sempre si
ebbe un'armonica fusione delle due parti, come per esempio in S. Giovanni
Vecchio e nella "Roccelletta". Altri famosi conventi basiliani sono: S.
Giovanni Theresti a Stilo, S. Pancrazio a Scilla, S. Filareto a Seminara,
il Patirion a Rossano.
Dominazione normanna
Dopo la conquista normanna
(1017-1189) inizia la decadenza dei conventi basiliani e quindi della
grecità calabrese e di contro si ha il prevalere dell'elemento latino e
del monachesimo occidentale. Il maggiore rappresentante di esso é
Gioacchino da Fiore (nato a Celico tra il 1130-36 e morto il 1202) che
auspica un rinnovamento morale e religioso sia della chiesa che della
società, preconizzando <<un'era nuova di pace in cui governerà solo lo
Spirito>>.
Dall'esigenza di difesa della regione dagli assalti pirateschi derivano le
numerose costruzioni di castelli di notevole valore militare e
d'indiscussi pregi architettonici; famosi sono quelli di Catanzaro, di
Nicastro, di Pizzo, di Santa Severina, Squillace, Gerace, ecc.. La città
di Mileto, residenza provvisoria di Ruggero d'Altavilla, conobbe un breve
ma rigoglioso splendore arricchendosi della costruzione del Duomo, del
Monastero della Trinità e di altri edifici.
Complesse espressioni artistiche sono rappresentate dalle varie basiliche,
cattedrali, abbazie e monasteri, come l'Archicenobio florense di S.
Giovanni in Fiore, l'Abbazia di Sambucina a Luzzi, la Badia di S. Eufemia
Lametia, la Certosa di Serra S. Bruno, i vescovadi di S. Marco Argentano,
di Martirano e di Catanzaro, le cattedrali di Gerace, di Cosenza e di
Tropea.
Dominazione sveva
Il più antico documento conservato di
Federico II° - Vienna, Archivio di Stato
Sotto gli Svevi (1189-1266) e
principalmente con Federico II, anche la Calabria risente del vasto
movimento culturale promosso dall'imperatore e che ha il suo centro vitale
in Sicilia. Tra i letterati, gli eruditi e gli artisti della Scuola
Siciliana troviamo un poeta calabrese, Folco Ruffo di Calabria che dà il
suo valido contributo alla nascente poesia volgare. Le costruzioni
architettoniche prendono forma dallo stile romanico mentre la loro
semplicità e austerità riflette lo spirito del popolo calabrese. Da
ricordare il Castello di Cosenza, i castelli di Vibo Valentia, Cassano,
Rocca Imperiale, di Stilo, la Chiesa di S. Francesco a Gerace, il Chiostro
di S. Francesco d'Assisi a Cosenza e il Duomo di Cosenza a cui fù
lasciato in dono da Federico II una preziosissima croce-reliquario,
capolavoro d'arte orafa del tempo. Nel XIV sec. rinveniamo un rinnovato
ardore per la cultura ellenica, che s'innesta nella gloriosa tradizione
magno-ellenica e bizantina, in Bernardo da Seminara detto Barlaam e
Leonzio Pilato, maestri di greco, il primo del Petrarca, il secondo del
Boccaccio. L'opera di questi umanisti é un notevole contributo alla
cultura bizantina-orientale a quella occidentale.
In questo periodo é vissuto S. Francesco di Paola (nato a Paola nel 1417
e morto a Plenis le Tours in Francia nel 1507) intorno al quale fiorisce
la leggenda popolare. Il santo calabrese <<é una di quelle torri di
giustizia>> - come scrisse Corrado Alvaro - <<che si levano in Calabria in
tempi difficili per abbracciare le grandi idee di abnegazione, per
impersonare la missione dell'uomo che considera l'universo come una sola
famiglia>> In arte, non abbiamo espressioni superbe; nella scultura, per
lo più impegnata in monumenti sepolcrali si sente l'influenza delle
scuole lombarde e toscane del Trecento, come l'imponente sarcofago di
Vincenzo Carafa nella Cattedrale di Caulonia, il sepolcro di Filippo
Sangineto nella chiesa Sigillo di
Federico II°
domenicana di Altomonte.
Dominazione aragonese
Sotto la dominazione aragonese
(1435-1503), si riscontrano due importanti novità culturali: il sorgere
di una letteratura albanese in seguito alla venuta in Calabria di
Popolazioni albanesi ed un risveglio letterario che ha il suo epicentro
nella città di Cosenza. Questo secondo avvenimento si ha per merito di
Giovanni Paolo Parisio detto Parrasio (Cosenza, 1470-1522), filologo,
critico, grande umanista e poeta, che per mantenere viva la classicità
fonda nel 1511 la celebre <<Accademia Cosentina>>. In questa opera fu
aiutato da Antonio Telesio (Cosenza 1482-1554) studioso di autori classici
e scrittore di versi latini. Per quanto riguarda le opere artistiche, da
un lato si hanno opere militari come i castelli di Reggio, di Pizzo e il
Durazzesco di Corigliano, dall'altro ci si offre lo splendore delle tele e
delle sculture della scuola Gaginesca (fondata da Antonello da Messina).
Da ricordare le statue sacre e le pale d'altare di Morano, di Catanzaro,
di Vibo Valentia, Pizzo, Seminara, Scilla. Accanto a tali opere altre ve
ne sono di artisti locali; del pittore Paolo da Mileto, Marco Cardisco
detto il <<Calavrese>>, Pietro Negroni da Cosenza.
Il Cinquecento
Agli inizi del '500 la Calabria
come tutta l'Italia Meridionale cade sotto gli spagnoli (1505-1707). I due
secoli della dominazione spagnola e specialmente l'ultimo sono i più neri e peggiori della storia calabrese.
Le fulgide conquiste cinquecentesche cadono ben presto nell'oblio
dell'ignoranza, della superbia, dell'arroganza: allo sfacelo economico si
aggiunge quello culturale e spirituale. Solo pochi uomini di alto sentire
e cultura emergono e sono tanto più grandi quanto maggiore é lo
squallore che li circonda.
Uno dei poeti più significativi della lirica volgare cinquecentesca in
Calabria é Galeazzo da Tarsia barone di Belmonte (1520-1553).
Si inserisce nella folta schiera dei petrarchisti meritando l'onore di
essere il più originale.
Nel frattempo l'Accademia Cosentina, continua la sua gloriosa missione
radunando intorno a sé eruditi, poeti, scrittori, filologi, ecc.. Tra i
suoi proseliti troviamo Sertorio Quattromani (Cosenza 1541-1607), la pur
celebre nipote Lucrezia della Valle (morta nel 1602), Francesco Franchini
e Giano Teseo Casopero.
Un interesse per il sapere filosofico-scientifico entra nell'Accademia,
vivificandola tutta per merito di Luigi Giglio o Lilio, che ideò la
riforma del calendario attuata da Papa Gregorio XIII, interesse che
diventerà predominante e anzi sarà l'aspetto peculiare di essa per
merito di Bernardino Telesio (Cosenza 1509-1588) che fin da piccolo si
rivolse alla ricerca filosofica e agli studi matematici, portando in
filosofia un soffio vivificatore di rinnovamento. Benefici influssi ne
riceve l'Accademia Cosentina che divenne: <<uno dei centri più cospicui e
battaglieri di orientamento culturale, depositario geloso degli aspetti
più severi e spregiudicati del pensiero e del gusto rinascimentale in
seno alla civiltà controriformistica e barocca fino agli incunaboli
dell'illuminismo>> (Sapegno). Oltre l'<<Accademia Cosentina>> molte altre
ne sorgono in Calabria: a Vibo Valentia l'Accademia degli Incostanti
Ipponesi fondata da Giovanni Antonio Capialbi, a Maida quella degli
Inquieti per opera di Pietro Paladino, a Rossano quella dei Naviganti,
fucine e centri di erudizione e sapere scientifico.
Se l'Umanesimo e il Rinascimento ebbero nella nostra letteratura una
magnifica fioritura, seppur breve, lo stesso non avvenne nel campo delle
arti che non parteciparono alla rigogliosa e splendida rinascenza. Pochi
esempi ci sono dati dal Monastero di S. Domenico di Soriano Calabro
(1510), della chiesa di S. Michele di Vibo Valentia (1511) attribuita a
Baldassarre Peruzzi, e del palazzo feudale Martirano di Aieta.
Il Seicento
Agli inizi del '600 il panorama
politico, economico e sociale della Calabria si colora di tinte più
fosche a causa di epidemie, terremoti, inondazioni, pestilenze, carestie
che accelerano e aggravano quel moto di decadenza già in atto.
Tra tanta desolazione si alza imperiosa e forte una voce di ribellione -
quella di frà Tommaso Campanella - nato a Stilo il 1568 e morto a Parigi
il 1639 - Campanella é contro la tirannide aristotelica a cui contrappone
un naturalismo di origine telesiana e ancora di più contro la tirannide
Spagnola a cui contrappone la sua <<Città del Sole>>. Spirito vigoroso,
bizzarro, ardente, vero calabrese, cerca di realizzare il proprio pensiero
nell'azione organizzando una rivolta contro il vicereame spagnolo. I1
fallimento dell'impresa gli costò lunghi anni di carcere e le sofferenze
della tortura. Le sue poesie lontane dalla ricercatezza barocca, in metro
rozzo ma vigoroso, esprimono la sua ribellione a un mondo desolato e
deserto ed il suo desiderio di riscatto, di rinnovamento, di pace e di
giustizia.
Per il resto la poesia del '600 si dibatte tra Petrarchismo e marinismo. A
questi due filoni se ne aggiunge un altro più genuino: quello della
poesia dialettale. Essa esprime nella sua immediatezza e spontaneità
motivi popolari, giocosi, scherzosi che si contrappongono a quel tema di
muto e rassegnato dolore proprio dall'anima calabrese. Degno
rappresentante é Domenico Piro conosciuto col nome di <<Duonnu Pantu>> (Aprigliano
1665-1699). La sua poesia é estremamente licenziosa, boccaccesca ed é
causa di meraviglia se si pensa che era un prete.
Fra gli storici e i letterati in genere di questo periodo bisogna
ricordare l'economista Antonio Serra di Cosenza che per essersi
interessato ai problemi del Mezzogiorno é considerato - come ha detto
Benedetto Croce - uno dei più validi pionieri della <<Questione
Meridionale>>.
In arte il Barocco segna il suo trionfo. Tale stile, ad eccezione del
grande pittore Mattia Preti (Taverna 1615 - La Valletta 1699), non ha
interpreti vigorosi ed originali.
Il Preti, chiamato anche <<Il Cavalier Calabrese>> perché investito
dell'ordine dei Cavalieri di Malta, porta nella pittura italiana una
ventata purificatrice di vera e grande arte, superando il manierismo
imperante che ricalcava ormai stancamente i modelli dei grandi del '400 e
del '500. Nello stesso tempo é il più grande pittore calabrese. Spirito
irrequieto, trascorre anni avventurosi di apprendistato e di vagabondaggio
a Napoli, Roma, Venezia e Bologna, maturo si ritira a La Valletta dove
lascia traccia indelebile del suo talento. Gran parte delle sue opere sono
conservate a Roma, Napoli, Malta e in qualche altra città europea.
In Calabria si possono ammirare alcuni affreschi a Soriano e il <<Cristo
fulminante>> con altri quadri nella chiesa di S. Domenico della nativa
Taverna. Accanto a questa singolare personalità, artisti minori danno,
con le loro opere più modeste, un valido contributo alla terra bruzia.
Architetti, come Domenico Marincola di Catanzaro, Francesco Grimaldi di
Oppido Mamertina ed altri, sono intenti non solo alla costruzione di
conventi e santuari, ma soprattutto ad opere militari come torri di
vedetta, castelli, mura, fortilizi, per difendere le popolazioni dalle
incursioni turche. In questo periodo sorgono il castello di Fiumefreddo
Bruzio e quello di Crotone. Lo scultore Cosimo Fanzaga, discepolo di
Bernini, venuto in Calabria, adorna con le sue creazioni marmoree e
bronzee la Certosa di Serra S. Bruno, i santuari di Soriano, Morano e
Catanzaro.
Ad opera di artigiani di Serra, Vibo Valentia, Rossano, Cosenza, ecc. chiese e
santuari si arricchiscono di opere lignee come cori, confessionali,
pulpiti, altari, balaustre e crocifissi. Bellissimo il <<Cristo Nero>> del
santuario della Riforma di Cutro, opera di frate Umile di Petralia, e il
<<Cristo Morto>> della chiesa dell'Osservanza di Catanzaro di frate
Giovanni di Reggio Calabria.
Larga fama hanno pure i damaschi ed i velluti di seta di Catanzaro, i
tappeti di Longobucco e le ceramiche di Squillace.
L'Illuminismo
Il movimento Illuministico del
'700 - sotto il vicereame austriaco (1707-1734) e poi sotto quello
borbonico - doveva attirare e interessare i letterati calabresi amanti di
novità e desiderosi di rinnovamento. Sebbene lo scopo principale degli
Illuministi fosse quello di illuminare ed ammaestrare le masse, in
Calabria questo non avvenne. Infatti, il sapere e la scienza restano
prerogative di pochi eletti; abbiamo una cultura di elites, mentre le
masse popolari analfabete con la loro grossolana ignoranza seguono inerti
e passive sia gli avvenimenti politici che quelli culturali.
Fra gli illuministi calabresi, degno di ricordo é Gregorio Caloprese
(Scalea 1650-1714), maestro di uomini insigni come Gravina, Spinelli, Metastasio. Egli introduce nella cultura Calabrese il cartesianesimo.
Discepolo del Caloprese fu Gianvincenzo Gravina (Roggiano 1664 - Roma
1718) uno dei fondatori dell'Arcadia e dei più grandi artisti italiani di
questo periodo. Richiamandosi ai rigorosi principi cartesiani esprime
l'idea di una poetica come scienza senza confondere la ragione con le
regole. Per il Gravina il Classicismo non é sinonimo di pedissequa imitazione e il poeta non
é un semplice divulgatore ma creatore di civiltà,
poiché deve colpire gli uomini attraverso la commozione dell'anima.
Sotto la spinta degli illuministi napoletani, verso la fine del secolo,
nuove idee penetrarono e circolarono in Calabria.
Tale spirito di rinnovamento entrava nella <<Accademia Cosentina>>
arricchita dall'opera proficua di letterati, filosofi ed eruditi, che
vivificarono l'attività culturale volta sempre più alla scoperta
scientifica ed alla ricerca filosofica. Negli altri campi dell'arte il
'700 non é ricco e proficuo di ingegni. Troviamo Leonardo Vinci (Strongoli
1690 - Napoli 1750) e Francesco Milano principe di Ardore di Polistena che
furono insigni rappresentanti dell'arte musicale. In Architettura,
scultura, pittura troviamo tardi epigoni dell'arte barocca che ci lasciano
opere grandiose, ricercate ma prive di qualsiasi contenuto artistico;
alcuni accenti vitali troviamo nelle opere dell'architetto e scultore
Biagio Scaramozzino di Serra S. Bruno, del pittore Tommaso Martini di
Bivongi, di Vincenzo Cannizzaro di Reggio.
L'Ottocento
Anche l'800 é un secolo ricco di
poeti, musicisti, pittori, scultori, architetti e valenti artigiani che
lasciano alla Calabria un notevole patrimonio artistico.
In letteratura il Romanticismo Calabrese, pur prendendo molto della
cultura nazionale, ha una sua fisionomia naturale e realistica che lo
caratterizza e distingue dal romanticismo napoletano vuoto e
convenzionale. Il De Sanctis ammira molto <<quella poesia sbocciata tra
le foreste e i monti della Calabria, impastata con ciò che pioveva in
quelle calde fantasie con la lettura di tanti libri dall'Ossian, al
Crossi, al Carcano>>.
Domenico Mauro e Vincenzo Padula sono i più significativi rappresentanti
del Romanticismo calabrese, sia per la loro profonda e reale ispirazione
non soffocata dal manierismo che per il loro spiccato senso artistico e
storico.
Vincenzo Padula (Acri 1819-1893) fu scrittore e poeta. Nella sua opera
abbiamo due momenti: il poetico-lirico delle <<Poesie>> che corrisponde
al Padula minore e il momento narrativo delle <<Novelle>> che corrisponde
al Padula maggiore. Al Padula ed al Mauro si collega il romanziere
cosentino Nicola Misasi (Cosenza 1850 Roma 1925). E' il rappresentante di
una letteratura realistica provinciale della vita calabrese ed in
particolare di quella silana. Nell'800 continua il filone della poesia
dialettale arricchendosi di motivi romantici e sociali.
Il più grande poeta dialettale Ottocentesco é Vincenzo Ammirà di
Monteleone (attuale Vibo Valentia) che scrisse la <<Ceceide>>. D'altro
lato continua la tradizione latina e quella filosofica che trova il
maggiore rappresentante in Pasquale Galluppi di Tropea (1770-1846).
Filosofo fu anche Francesco Acri (Catanzaro 1836 - Bologna 1913) uomo di
profonda fede, proteso in tutta la sua vita verso un ideale mistico.
Anche la musica nell'Ottocento ha illustri rappresentanti in Nicola
Antonio Manfroce di Palmi, (1790-1810) in Giuseppe Nunziato Muratori di
Messignadi e in Paolo Serrao di Filadelfia.
La pittura, la scultura e l'architettura, prive di grandi personalità,
trovano artisti degni che di volta in volta si rifanno al neoclassicismo,
al naturalismo, all'impressionismo e all'eclettismo secondo le varie
correnti nazionali, esprimendo il loro amore per il bello e nello stesso
tempo per la Patria.
Il Novecento
I1 processo di assimilazione della
cultura calabrese, nel contesto più ampio di quella nazionale, iniziato
dopo l'unificazione della penisola, si accentua nel '900. Sebbene in tale
epoca la Calabria sia flagellata oltre che dai due conflitti mondiali, da
un ennesimo terremoto, da crisi economiche, da lotte e rivolte contadine,
continua a dare non pochi uomini alla scienza, all'arte e alla
letteratura.
Grande fortuna ebbe in Calabria la poesia pascoliana sia in lingua
italiana che in lingua latina. Questo perché quei sentimenti d'amore per
la famiglia, la casa ed il proprio paese o di malinconia per l'infanzia
trascorsa o di tristezza per le persone care scomparse, componenti
essenziali dell'arte pascoliana, dovevano trovare terreno fertile negli
scrittori calabresi.
Contrario alla cultura del '900 e al novecentismo, valido paladino della
classicità fu invece Vincenzo Gerace. Parallelamente alla influenza
pascoliana si hanno quella D'Annunziana, futurista ed ermetica per mezzo
delle quali la letteratura calabrese viene depurata da ciò che é
provinciale e regionale per poi confluire e dissolversi nella letteratura
nazionale.
Al contrario degli altri generi letterari, la narrativa conserva caratteri
peculiari che la distinguono tanto da poter parlare di una vera e propria
<<lima calabrese>>.
Tipico rappresentante di essa é Corrado Alvaro (S. Luca 1895 - Roma
1956). La sua opera é contrassegnata da due tendenze: una realistica di
carattere regionale ed un'altra fantastica di carattere moderno.
L'Alvaro famoso come narratore, scrisse pure poesie e nella raccolta
intitolata <<Poesie grigioverdi>> le due tendenze si uniscono con
Prevalenza dell'elemento paesano e realistico.
Su uno sfondo magico sospeso tra reale ed irreale si muovono i
Protagonisti dei suoi romanzi, creature primitive, che lottano
selvaggiamente contro le forze avverse della natura e del destino o,
delusi, l'accettano supinamente.
Narratore più irrequieto e volto a temi sensuali é Leonida Repaci di
Palmi (definito dal Russo l'ultimo romantico calabrese passato attraverso
il Dannunzianesimo).
Riprende nei suoi racconti i temi calabresi di <<eticità, socialità e
umano calore>>, temi d'amore e morte, di contrasto fra l'uomo e la
società ed infine il problema meridionale e le sue conseguenze in
Calabria.
Con Fortunato Seminara (Maropati, 1903) ritorna il senso ineluttabile
della vita contro cui nulla possono gli uomini. I suoi romanzi, popolati
da una folta schiera di diseredati, segnano la strada del neorealismo
italiano. Dal gruppo neorealista fa
parte Saverio Strati (S. Agata del
Bianco, 1924) che parla dei poveri calabresi e del loro desiderio di
evadere e di emigrare.
Anche la poesia dialettale ha accenti nuovi ed é contraddistinta da un
contenuto sociale faceto e lirico Ricordiamo Antonio Chiappetta, autore
di <<Jugale>>, Michele De Marco, detto Ciardullo di Perito ed il figlio
Ciccio autore di <<Mio caro patre>>, Vittorio Butera di Conflenti che
é
uno dei più famosi poeti dialettali che nella sua opera parla della
giovinezza trascorsa attraverso visioni fiabesche.
Nel '900 grandi risultati si ottengono pure nella musica per merito di
Francesco Cilea di Palmi (Palmi 1866 - Varazze 1950), esponente della
<<scuola verista>>, autore di pagine musicali struggenti e di melanconica
dolcezza di Alfonso Rendano di Carolei (1853-1931).
Nella scultura si resta ancorati al classico con artisti come Giuseppe
Rito di Dinami, Michele Guerrisi di Cittanova; la pittura accoglie del
nuovo dalle varie correnti novecentesche. Il futurismo trova un
validissimo rappresentante in Umberto Boccioni, (Reggio Calabria 1882 -
Verona 1916), uno degli artisti italiani di più alto rilievo nella
pittura del XX secolo.
Dott. Antonio Agrillo e Dott.
Giuseppe Palopoli
Estratto dal "Il profilo
della Calabria" - Unione Regionale delle Camere di Commercio-Industria
Artigianato e Agricoltura della Calabria-Centro studi e ricerche.
Collaborazione del Dott. Aldo Ragusa,Dott. Antonino Agrillo, Dott.
Domenico Pecoraro, Dott. Francesco Cava, Dott. Giuseppe Palopoli, Dott.
Gregorio Gigliotti, Dott. Raffaele De Franco Paladini.
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